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Minus e luci proprie. Era l'ora di scrivere un libro

  • Immagine del redattore: Daniela Stallo
    Daniela Stallo
  • 13 ott
  • Tempo di lettura: 3 min
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Questo post contiene parole volgari. Ho provato a toglierle, ma non rendeva alla stessa maniera.

 

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Non sto qui a discutere le motivazioni, tanto non è la sede e ci saranno occasioni ben più opportune. Scrivo perché alla fine non se ne può più.

Sono uscita con un’amica senza figli e poi ho detto, ora scrivo.

Già, si dirà, sei riuscita anche a uscire con un’amica.

Ho capito che non interessano le motivazioni che tanto una minus sei comunque. Sì, certo, siamo nel 2025. Sì, certo. siamo femministe. Sì. Certo. Sono una persona amata, ma comunque minus .

La zia che se n’è andata anni fa, altra generazione, una vita semplice di donna retta, stai tranquilla, mi diceva. Mi rassicurava che brillavo di luce propria, così diceva, propria, doveva sembrarle giusta, la parola, come di appartenenza forte.

Brilli di luce propria, né di un marito né di un figlio. Che il suo cruccio quello era stato, non aver avuto figli, ma pure lei brillava lo stesso di luce propria.

Però.

Noi siamo meno stanche. La sera la quantità di fatica non è comparabile. Chi di figli ne ha uno, due e dopo, il lavoro, fa il tassista, non è stanco quanto me. Che non devo portare nessuno a danza, a pianoforte, a casa del diavolo.

Sono anni che è così.

Se lo dicono gli uomini mi importa meno.

Ma le donne. Quelle con i figli, quelle che, se non sono più stanche in termini di quantità, sono diversamente stanche, la loro stanchezza è più intensa, un piombo, e un chilo di piombo non pesa quanto un chilo di farina.

 

&

 

Faccio spesso a fare un giochino atroce, dilaniata tra il mi giustifico oppure applico tecniche di adulazione, scodinzolo, sviolino, e un vaffanculo inespresso.

Che alla fine bisogna farsi accettare nel gruppo, quanto sei brava, ma come fai, ti capisco, ma in effetti no, non ce la farei mai, non avrei avuto lo spessore. 

Poi penso, mo mi invento un casino pure io vediamo se cresco nella considerazione degli altri. E allora le due gocce che perde il termosifone diventano un Niagara che ho raccolto coi secchi. E dagli scrutini sono tornata quasi a mezzanotte perché, avendo comunque finito soltanto alle otto, dodici ore di lavoro non sarebbero sembrate sufficienti. E una baby gang mi ha accerchiato proprio in centro, vista l’ora notturna, non è più vita.

E l’influenza terribile quest’anno, la debolezza, la tosse e poi non si sa mai come evolve.

Ma non basta.

Brilli di luce propria.

Macchè.

 

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E poi sono andata a mangiare fuori.

Sei pure andata a mangiare fuori. Noi non si può, siamo in cinque, con quello che costa il ristorante.

Le ferie? Siamo in quattro, con quello che mangiano questi, la femmina, in particolare, non ti credere.

Non importano le motivazioni della mancanza. Non hai potuto, non è successo, è successo a metà, non hai voluto, che sarebbe legittimo.

Brilli di luce propria.

Macchè.

Il problema è un altro. È che se pure la stanchezza fosse considerata uguale in termini di quantità, chili, litri, che ne so, oppure in termini di qualità, lo stesso speso specifico paglia/piombo, ecco, il fine sarebbe comunque diverso e, il mio, decisamente, più futile.

Un’aggravante agghiacciante. La stessa stanchezza che ha come scopo occuparti di te stessa e al massimo di un compagno non vale quanto quella spesa per la prole, il futuro, l’abnegazione, il sacrificio, entità tutte a cui noi minus non partecipiamo.

Non vale il compagno quanto un figlio, e meno che mai provvedere a se stesse, che sarebbe pure un dovere morale, religioso, sociale. Vale meno, voti differenti di un suffragio poco universale e molto censitario.

 

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Questa è stata una delle ragioni - indubbiamente secondaria, non la più seria, quella essenziale - per cui ho deciso di scrivere queste quattro parole e soprattutto quel #libro, mettendo insieme tutti gli appunti, e anche il coraggio.

Ci siamo quasi.

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Per tutte le mie amiche minus con cui esco a prendere una birra in segreto, che altrimenti chi se le sente, le altre, che davvero non c’abbiamo un cazzo a cui pensare, nella vita.

 

 

Foto: Lizzie Marguett, acrobata, 1910 (dal web)

 

 

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Ospite
02 nov
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